VIENI, SPIRITO SANTO…
Per capire bene il significato della festa di Pentecoste, dobbiamo fissare la nostra attenzione su due passi scritturistici: il primo è Gioele 2,8-32; l’altro è l’odierno brano evangelico. Il profeta ci ricorda alcune cose importanti. Egli parla del giorno del Signore, che dovrebbe essere il paradigma di tutti i nostri giorni di esistenza. Per vivere il tempo che ci è stato dato da vivere dobbiamo avere ben chiaro alcune cosette.
La prima è quella di prepararci, non stracciando le vesti, ma cambiando il cuore. Infatti, il nostro Dio è misericordioso, pronto a perdonare piuttosto che a punire, ma è possessivo, in quanto apparteniamo a Lui solo. Ad ogni istante dobbiamo essere in grado di saper dire , se interrogati, “dov’è il vostro Dio? (Gl 2, 17). Segno di questa amorevolezza divina è l’abbondanza di beni, la sazietà, la gioia di vivere senza l’assillo del bisogno e senza lasciarci prendere dall’ingordigia che annebbia la mente ed appesantisce il cuore. Il benessere è la realtà in cui siamo immersi quotidianamente. Viviamo un’epoca in cui non manca l’essenziale.
Ma questo ha portato ad una liberazione dello spirito?
Ha attrezzato i nostri cuori ad accogliere la presenza di Dio?
Ha liberato le nostre lingue da ogni reticenza e paura attivandole a proferire parole di giustizia, di verità e di pace?
Sono interrogativi a cui dobbiamo rispondere, prima di accingerci a riflettere sul mandato datoci da Gesù nel vangelo di oggi.
- E’ facile ricreare nella nostra mente la scena descrittaci da Giovanni. E’ sera. Le tenebre ingigantiscono le paure ed attivano i fantasmi. Ogni minimo fruscio diventa rumore che fa accapponare l’anima. Le porte vengono sprangate. L’isolamento totale dal mondo crea una leggera sensazione di quasi sicurezza. L’essere in molti a condividere la stessa sensazione di smarrimento favorisce l’illusione di essere dei sopravissuti. La massa umana non riaccende la speranza, ma aiuta a campare fino al prossimo giorno. Nell’impaurita immagine del primitivo gruppo apostolico c’è ben poco di umanamente valido. C’è la medesima sensazione di smarrimento che proviamo anche oggi di fronte alle malefatte, ai tradimenti, alle contro testimonianze di troppi “apostoli” moderni. La scena è penosa, tanto tragica da tingersi di ridicolo, della prima comunità cristiana: è così paradossale da spingerci a non lasciarci andare al pessimismo.
Se persone tanto “sgarruppate”, sotto ogni punto di vista, si sono trasformate nelle colonne portanti della Chiesa, allora c’è speranza di un futuro migliore anche per noi! Se, oggi come allora, permettiamo a Gesù di stare in mezzo a noi accogliendo lo Spirito Santo, vedremo diradarsi le nebbie della paura che ci fanno arroccare su noi stessi e testimonieremo al mondo, senza escludere nessuno, le grandi opere di Dio. Di esse, la riconciliazione è di gran lunga la più importante nella società di oggi. Riconciliarsi con se stessi, con il prossimo e con Dio, è il più gran dono che lo Spirito può offrirci. Dobbiamo piantarla di ritenerci, a prescindere, gli unici detentori dello Spirito Santo. La sua non è una presenza che si impone attraverso istituzioni rese elefantiache dal passare dei secoli, ma tramite la nascosta ed incisiva azione di cristiani che continuano caparbiamente a dire, attraverso la loro condotta di vita: “Pace a voi!”.
Una pace non teorica, ma concreta, come ci ricorda la Sequenza, che ci inonda con la sua luce; allevia le nostre povertà; ci conforta; ci rafforza; ci purifica; scalda i nostri cuori surgelati; ci colma dei suoi doni; ci riempie di gioia e di doni; ci attrezza per una santa morte. Il mondo non ha bisogno di “verità” ma di Verità che genera persone nuove capaci di realizzare nella storia relazioni nuove con tutti, nessuno escluso. Lo Spirito è per sua natura “inclusivo” e mai “esclusivo”. La persona si salva non perché pensa come noi, agisce come noi, prega come noi, ma perchè ama e si relaziona come Lui sostenuta e guidata dallo Spirito Santo.
Questo deve essere l’insegnamento che ricaviamo dalla celebrazione dell’odierna solennità.
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