La graziosa macchina d’altare, in pietra leccese, è stata manomessa con l’inserimento dell’altare in marmo realizzato durante l’episcopato di Mons. Valerio Laspro (1872-1877) e dallo stesso consacrato e con una verniciatura applicata ai primi del Novecento (nello scudetto in alto si legge A. D. 1908).
L’altare si compone di due colonne per lato che si richiamano ad incastro, quelle esterne e quelle interne. Le esterne sono cinte nel primo terzo del fusto da tre anelli scanalati da cui si sviluppano le sinusoidi operate con motivi fogliari; le interne presentano invece tre anelli con piccoli cammei recanti simboli vari da cui si sviluppano le spirali in senso inverso a quelle esterne. Capitelli corinzi ornano i fusti.
Al centro campeggia l’autografo dipinto del pittore romano Pietro Gagliardi datato 1878 rappresentante la drammatica scena della Vergine Addolorata che offre il Cristo morto all’Eterno Padre, la cui effigie, del medesimo autore, si trova nell’ordine superiore dell’altare circondato da una cornice finemente intagliata ai cui angoli sono posti quattro angioletti.
Tra le colonne, fra un tripudio di angeli, alcuni che reggono il piedistallo e altri posti sotto un drappo, sono collocate le statue di S. Irene (a sinistra) e di S. Lucia (a destra). Più in alto, basamenti unitari per le cornici rabescate e due angeli tra un vaso di fiori in corrispondenza delle due coppie di colonne.
A completamento dell’altare, tra due volute lo stemma della famiglia Paladini (inquartato: nel 1° e nel 4° d’argento ad un giglio di rosso, nel 2° e nel 3° di rosso ad un giglio d’argento, alla croce d’oro attraversante sul tutto) che ne aveva già il patronato.