Questo altare monumentale, opera di Giuseppe Zimbalo, ha subito nel corso del tempo varie modifiche. Edificato nel 1670 per volontà dello stesso Pappacoda, che lo intitolò all’Assunta, nel 1692 fu trasformato, abbellito con dorature e dedicato all’Immacolata dall’abate Isidoro Turrisi, la cui famiglia ottenne il giuspatronato dell’altare con istrumento del notaio Antonio Piccinno del gennaio 1692.
Sul dossale era sistemato un dipinto dell’Immacolata, rimosso nel 1757 quando fu creata la nicchia dorata a nido d’ape con stelle e fiori incastonati dove venne sistemata la splendida statua lignea dell’Assunta che nel 1689 il vescovo Michele Pignatelli (1682-1695) aveva commissionato allo scultore napoletano Nicola Fumo per essere collocata sull’altare maggiore. La statua è ora custodita nel Museo Diocesano, poiché al suo posto nel 1954 il vescovo Francesco Minerva fece collocare una statua lignea dell’Immacolata opera di Giuseppe Stuflesser di Ortisei, benedetta da Pio XII il 20 dicembre 1953 e peregrinante per le parrocchie della diocesi negli anni mariani 1954 e 1979.
Il gioco dei contrasti rende leggero ed elegante questo abbacinante altare dorato: alle colonne esterne tortili corrispondono quelle interne a fusto cilindrico, tra i due dipinti ovali degli intercolumni ne compare uno rettangolare, al timpano a lunetta del primo ordine è contrapposto il timpano a capanna terminale.
Il primo terzo dei fusti delle colonne esterne è occupato da un tripudio di angeli, mentre da una corona si sviluppano le sinusoidi che si adornano di fiori e uccelli. Le colonne interne, leggermente rastremate, presentano invece figure d’angelo, corone, testine d’angelo e uccelli.
Gli intercolumni sono occupati da un angelo che regge due festoni e da sei piccoli dipinti ad olio raffiguranti episodi della vita della Vergine Maria: a sinistra dall’alto l’Annunciazione, la Nascita di Maria, l’Assunzione di Maria; a destra sempre dall’alto la Presentazione di Gesù al Tempio, la Visita di Maria a S. Elisabetta, la Presentazione di Maria al Tempio.
Al di sopra dei capitelli corinzi, le consuete basi d’appoggio della cornice aggettante fortemente rabescata, al di sotto della quale si ammirano i fregi di una creatura angelica che cerca di trattenere due cavalli alati in opposta direzione e sulla faccia dei pilastrini angeli con le mani giunte. Sulla trabeazione, in un ovale sorretto da angeli quasi come uno specchio l’11 luglio 1757 vi fu ricollocata un’immagine dell’Immacolata, opera di Oronzo Tiso. Ai lati due colonnine a fusto rotondo e sulle volute le statue lapidee di S. Giuseppe, sposo di Maria e di S. Gioacchino, padre di Maria. Altri tre angeli sul timpano a capanna sorreggo palme e la croce centrale.
Il grande altare che purtroppo nasconde i due ovali inferiori degli intercolumni, proviene dal presbiterio della Basilica di Santa Croce ed è attribuibile per il particolare uso di marmi e lapislazzuli ad Aniello Gentile. Sulle volute dell’altare, sorrette da angeli, erano collocate due statuette di cartapesta a color di marmo poi rubate. Da notare sulla predella dell’altare le cartegloria incise su rame dorato.
Nella parete di sinistra della cappella si ammira in basso la statua marmorea opera del Marrocco raffigurante il sacerdote Filippo Smaldone, canonizzato il 15 ottobre 2006 da Benedetto XVI, e in alto il monumento funebre a Mons. Braccio Martelli, vescovo di Lecce dal 1552 al 1560. Sulla parete di destra è collocato, invece, il sepolcro del vescovo Mons. Alberto Costa, che resse la diocesi dal 1928 al 1950 e fu rinomato latinista.
La balaustra leggermente curvilinea fu messa in opera nel 1763 insieme a quelle delle cappelle di S. Filippo, del Crocifisso e di S. Oronzo dal famoso marmoraro scultore Antonio di Lucca. Esse conferirono alla chiesa maggiore decoro e raccoglimento, anche perché contemporaneamente furono murate le due porte zimbalesche che consentivano l’accesso alla cappella dell’Assunta e di S. Oronzo, mentre fu aperta l’altra che immetteva nella cappella di S. Filippo Neri, nei pressi dell’unica colonna superstite della Cattedrale medievale, anch’essa ormai chiusa.